I fondamenti (illogici) delle terapie riparative dell'omosessualità

I fondamenti (illogici) delle terapie riparative dell’omosessualità

I fondamenti (Illogici) delle teorie riparative dell'omosessualità

Dr. Antonio Marco Campus

Psicologo clinico, criminologo, psicodiagnosta, esperto in sessuologia

 

 

 

In virtù del convegno che avrà luogo il 17 gennaio a Milano incentrato sulla famiglia tradizionale e dichiaratamente anti gay sono riemerse con prepotenza agli occhi dell’opinione pubblica le cosiddette terapie riparative dell’omosessualità promosse e praticate da pochi colleghi americani prima e da colleghi italiani dopo. 

Tali pratiche, prive di alcun fondamento scientifico e non riconosciute da alcuna associazione sanitaria, hanno come obbiettivo fondamentale quello di rieducare – riprogrammare l’orientamento sessuale del soggetto mediante il mutamento dell’oggetto libidico verso cui e diretta la pulsione sessuale. 

In tal guisa si tratterebbe di una tecnica basata sul brain – wasching  dannosa e inutile nei risultati a lungo termine in quanto la scelta dell’oggetto libidico e la relativa pulsione possono riemergere anche a distanza di anni nel loro aspetto originario. 

Trovo sconcertante che alcuni colleghi ad oggi ed in Italia pongano in essere tale pratica arcaica e di primordiale arretratezza ma per capirne i motivi occorre analizzare la figura dello psicologo oggi. 

Per alcune persone lo psicologo rappresenta un individuo saggio, capace di fornire giusti consigli per qualsiasi situazione, qualcuno capace di manipolare le menti attraverso tecniche di autoconvincimento, qualcuno  cui affidarsi incondizionatamente nella speranza di risolvere i propri conflitti, quasi come se avesse una sorta di bacchetta magica per risolvere i mali del mondo, una sorta di divinità scesa in terra.

Inutile affermare che tale convinzione non trova alcuna ragione di essere. 

Invero lo psicologo è un professionista della salute mentale il cui compito si esplica nel fornire al paziente gli strumenti atti a risolvere il conflitto o la patologia. Attraverso il dialogo ed altre tecniche lo psicologo aiuta il soggetto a prendere consapevolezza delle proprie dinamiche mentali, funzionali e disfunzionali, e al contempo lo aiuta a potenziare le prime e a modificare le seconde. Il professionista deve lavorare per il supporto e ascolto incondizionato psicologico, senza lasciarsi andare in giudizi e in moralismi, deve rispettare tutte le razze, gli orientamenti sessuali, le credenze, le condizioni economiche e sociali, senza agire nessun tipo di discriminazione. Può svolgere attività di ricerca e di formazione, rispettando i criteri di veridicità e coerenza imposti dalla comunità scientifica. 

Ma perche allora alcuni colleghi intraprendono la scelta di porre in essere le terapie riparative dell’omosessualità?

Con estremo dispiacere mi sento in dovere di suddividere tali colleghi in tre categorie principali: 

- Lo psicologo di matrice cattolica : premesso che qualunque professionista è legittimato ad avere un proprio credo religioso, è assolutamente consono altresì che lo specialista nel compimento del suo lavoro utilizzi solo ed esclusivamente le proprie competenze scientifiche e di buon senso e non astrusi concetti ideologici a carattere religioso. I colleghi che rientrano in questa categoria invero sono permeati da una coscienza religiosa che inficia l’utilita e la forza del colloquio clinico trasmutandosi in una sorta di prete – suora che soggiace all’idea dell’omossessualità come malattia o ancora peggio come  deviazione dal normalità. Lo psicologo di matrice cattolica indi non si rifà a concetti scientifici e a dottrine psicologiche ma a postulati teorici di ordine religioso convinto di agire nel “è cosa buona e giusta” riparando un anomalia nell’orientamento sessuale dell’individuo. 

- Lo psicologo cattolico – estremista: sebbene tale categoria possa essere interpretata come una sottocategoria della precedente  credo sia più opportuno separarla per darle la giusta importanza. In tal guisa lo specialista porta all’estremo l’ideologia cattolica in un processo di pensiero a carattere delirante. Non solo è fermamente convinto che l’omosessualità sia una malattia da curare, ma è fermamente propenso a  considerarla un peccato divino che oltraggia il suo dio. In virtù di tale postulato lo psicologo estremista si cala nel ruolo di salvatore, quasi come se lavorasse per conto del suo Signore,  ed il suo scopo non è più supportare ed aiutare il paziente ma quello di salvarlo dal castigo eterno e di riportarlo nella grazia di Dio. 

- Lo psicologo omosessuale  frustrato: in tal caso ci troviamo davanti ad un collega che non accetta la propria omosessualità e che tenta in modo ossessivo – compulsivo di curare il proprio paziente nell’illusorio tentativo di aiutare se stesso. Tale professionista sarà particolarmente estremista e porra in essere atteggiamenti e ideologie omofobe la cui matrice psicologica risiederebbe nella rabbia verso se stesso che attraverso un processo di proiezione diventa eterodiretta. 

 

La pericolosità sociale di tali colleghi credo sia indubbia e andrebbe tenuta sotto controllo dagli organi competenti soprattutto qualora si arruolino in associazioni estremiste come Obiettivo Chaire o a personaggi quali Mario Adinolfi. 

La pericolosità sociale di tali organizzazioni si estrinseca su tre livelli:

- Sociale: alimenta sentimenti omofobi nella società, contribuisce alla discriminazione delle persone gay e trans, traccia arbitrariamente il confine tra normale e anormale, stigmatizza le persone in sane e malate, sminuisce acting out criminali a carattere omofobico e promuove compagne pseudo informative volte all’arretratezza culturale e sociale negando diritti fondamentali alle persone gay e trans. 

- Personale: incentiva e promuove le convinzioni deliranti dei colleghi  di matrice religiosa, ed estremisti dando loro un ruolo ed un contesto dove agire le loro scellerate terapie riparative. 

- Famigliare: offende e schernisce tutte quelle famiglie che accolgono un figlio omosessuale nel tentativo di emarginarle socialmente e al contempo incentivano i comportamenti disfunzionali di quei nuclei famigliari che non accettano il proprio figlio gay.